18 Ago Editoriale 29 – Costruire le identità
Ognuno di noi, come sottolinea il sociologo Baumann, non è un’identità unica, ma un insieme di identità riunite nell’unicità della nostra persona. Siamo europei, italiani, maschi o femmine, giovanio meno giovani, facciamo lavori diversi, occupiamo ruoli diversi, viviamo in città o in campagna, siamo single o con famiglia, siamo religiosi o agnostici e possiamo continuare. Siamo composti da identità molteplici e complesse a cui oggi possiamo aggiungere in occidente anche l’identità buddhista.
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Di fronte ai successi della nostra società – successi tecnici, economici, di diffusione dei diritti universali come la democrazia , l’uguaglianza, la libertà – e alle difficoltà che da tali successi provengono – discriminazione, crisi economiche, fame, sfruttamento, crisi ecologica per citarne alcuni – la percentuale buddhista delle nostre identità cambia il nostro modo di comportarci e di reagire? Riusciamo a riconoscere nell’altro, come insegna il Dharma, un altro noi stesso, riusciamo ad affrontare le difficoltà economiche, sociali, ambientali oggi presenti nel nostro paese senza cercare capri espiatori, evitando la criminalizzazione di interi gruppi sociali o etnici indipendentemente dal valore del singolo, riusciamo a non vedere l’altro come il “nemico”, senza rinchiuderci in quella che Raimon Panikkar definisce “paranoia identitaria”, che riconosce la propria identità solo come reazione a quello che percepisce come ostile, come minaccia? In quanto praticanti, quando sentiamo le notizie provenienti da paesi buddhisti come la Birmania o il Tibet, in cui le più elementari richieste di libertà vengono schiacciate , ci sentiamo indignati, facciamo appelli, organizziamo marce e manifestazioni.
Ma siamo capaci di reagire in egual modo anche di fronte ad altre forme di ingiustizia, in altri paesi indipendentemente dall’appartenenza religiosa? Siamo capaci di schierarci di fronte alla strisciante xenofobia che attraversa l’Europa e l’Italia in particolare? Siamo capaci di responsabilità per l’altro?
Praticare il Dharma non crediamo sia isolarsi dal mondo, considerare il proprio cammino avulso da ciò che ci circonda. La realtà quotidiana è faticosa, i rapporti sociali ed economici ci mettono di fronte a situazioni difficili, la convivenza stessa è spesso problematica. La nostra parte diidentità buddhista che ci può suggerire?
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Come sempre negli insegnamenti non troviamo risposte definitive. Troviamo indicazioni, sta a noi cercare quale risposta dare. Proviamo ad applicare gli insegnamenti nelle situazioni che viviamo, pratichiamo l’amichevolezza, la compassione, la gioia per l’altro e fondamentalmente quella “calda” equanimità, che permettedi amare senza attaccamento, lottare per la giustizia con occhi attenti , sostenere lademocrazia con convinzione, riconoscere nell’altro la stessa umanità che c’è in noi cercando di creare qui ed ora, un mondopiù accogliente, più giusto e solidale per tutti, buddhisti o non.