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Editoriale DHARMA 31 – Libertà di vivere e morire

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Molto si è parlato in questi ultimi tempi,  in seguito alla pressione mediatica creata dal caso Englaro, dei problemi relativi al testamento biologico, che è in discussione al Parlamento italiano. Il confronto su questi temi non può che essere un confronto dialogico in cui non è possibile sancire una posizione unica. È una questione sensibile, che tocca la libertà della coscienza del singolo e che porta a un pluralismo di posizioni a meno che non si voglia mantenere l’ atteggiamento arrogante di chi conosce la verità con la V maiuscola e vuol prendere decisioni  assolute al posto dell’individuo.

Non vanno certo negati i valori della vita e della sua tutela,   ma non bisogna dimenticare la priorità che è legata alla consapevolezza individuale e alla volontà che ognuno può esprimere su quelli che sono momenti fondamentali dell’esistenza. Senza cadere nella rigidità propria di alcuni contesti religiosi ,  bisognerebbe sviluppare quella che alcuni definiscono come una “ saggezza pratica”  in cui si tenga conto del complesso formato dalla responsabilità,  dai principi e dalla qualità della vita. Una saggezza in dialogo, terreno di confronto e di incontro per vivere nel rispetto delle diversità. Una ricerca di fedeltà non tanto ai credi e ai dogmi,  ma una fedeltà alla persona che si incontra, che è una persona concreta e non un principio astratto. Il sapere volto a una sollecitudine che guarda con attenzione alla dimensione delle volte difficile e tragica dell’esistenza, la priorità pagata al rispetto delle persone riuscendo attraverso questa saggezza pratica ad inventare comportamenti appropriati alla singolarità dei casi, un giudizio non assoluto ma che riguarda la situazione e il contesto.

Non dunque un atteggiamento arrogante di  chi pretende di conoscere anticipatamente quali siano le buone decisioni da prendere per il bene del prossimo, ma cercare con intelligenza e umiltà il massimo consenso possibile nella ricerca del bene comune e nel confronto delle posizioni, che si esprimono nella società, riconoscendo che le decisioni ultime spettano alla coscienza e alla responsabilità di ogni singola persona e non possono essere delegate ad altri.

Ci sono sicuramente delle regole, ma c’è sempre la saggezza pratica,  un’apertura a nuove dimensioni, una regola d’oro che riconosce l’umanità mia e dell’altro come fine e non come mezzo,  una norma universale sempre in relazione con il caso specifico e che non lo cancella dietro una rigidità assolutistica.

La crescente attenzione a questi temi, determinata dalle nuove scoperte scientifiche e dalle sue applicazioni campo medico con risultati che solo pochi anni fa non erano prevedibili, ha provocato a una progressiva disattenzione agli altri grandi problemi che toccano la vita e la morte di milioni di esseri umani in ogni parte del mondo. Le dispute spesso ideologiche sulla sospensione delle cure o lo statuto dell’embrione sembrano fa passare come realtà marginale anche quella di milioni di esseri umani che in tante parte del mondo cercano di sopravvivere in condizioni difficili e che queste diatribe toccano solo marginalmente e che anzi li relegano a margine! –