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L’universo sulla punta di un ago

L’arte giapponese del ricamo o Nuido è una pratica spirituale complessa in cui il ricercatore tiene attiva per lunghi periodi la sua consapevolezza nel riempire  punto dopo punto il disegno originario.

 Ce ne parla Massimo  Shidō Squilloni 

C’è stato un momento, temporalmente insituabile, nel quale il Nihon no Shishu, il ricamo giapponese tradizionale, ha passato “la porta senza porta“ 1, cadendo, così, nelle braccia dello Zen e diventando Nuido, la Via del Filo.

La straordinaria forma di decorazione degli oggetti del mondo esterno, ornamento degli abiti dei nobili della Corte Imperiale, dei potenti signori  feudali e degli attori del teatro NO, e, più tardi, dei ricchi commercianti e del mondo delle geishe, ancor oggi presente nei momenti importanti della vita nipponica, abbellendo kimono e obi da cerimonia, subisce da questo “passaggio” una mutazione nel suo stesso essere, divenendo un sentiero che può portare alla conoscenza di sé, del Sé.

L’artista del ricamo tradizionale diventa anche un ricercatore spirituale.Nulla sembra cambiato: i temi rimangono quelli tipici della sensibilità giapponese: animali, alberi, piante, fiori, acqua, montagne; lo stesso per i materiali: la tela è di seta pura, tessuto tradizionale di kimono e obi, semplice o decorata a pennello, o anche realizzata con filo d’oro o d’argento; le tecniche sono ormai un patrimonio comune e consolidato; l’ago vola infinite volte attraverso la tela con movimenti sempre estremamente precisi, eleganti e leggeri. In realtà, assolutamente tutto può essere mutato: fondamentalmente la visione del mondo, e quindi anche la visione di quello che viene rappresentato sulla tela.

All’osservazione attenta e minuziosa dell’oggetto, comunque altro rispetto all’artista del Nihon no Shishu che lo indaga, segue un processo ben più complesso e dinamico: il ricercatore del Nuido concentra la propria energia spirituale per percepire la natura profonda di ciò che intende rappresentare, armonizza il respiro al movimento dell’ago, fonde il proprio spirito con lo spirito della cosa, e così, alla fine, il tessuto si “anima”.

E’ un processo di penetrazione reciproca, di fusione dell’esteriore e dell’interiore, che può portare  al risultato espresso splendidamente da un grande studioso dell’arte cinese, Xie He del quinto secolo, che ha individuato nel “Tono Spirituale Pulsante di Vita” uno dei (sei) requisiti fondamentali di un’opera d’arte2; e quando il Tono Spirituale simanifesta, la composizione svela il significato metafisico che sta dietro ogni oggetto rappresentato.

In altre parole, sulla tela di un’opera di Nuido non troviamo l’immagine esteriore di un albero, di una pianta, di una montagna, bensì il precipitato di un’esperienza d’immedesimazione attraverso la quale, l’energia, il ritmo vitale che pervade l’intero universo e permea la natura, si “imprime” sulla tela; l’ago “attira” questa forza dinamica nel Relativo, sul tessuto, dove resta una vibrazione dell’Eterno.

 

Gli innumerevoli movimenti dell’ago che strutturano un’opera di Nuido sono, dal punto di vista dello Zen, riconducibili, in ultima analisi, a un atto singolo e unico, articolabile, come un respiro (inspirazione, pausa, espirazione), in tre momenti che corrispondono a tre stati mentali/spirituali del ricercatore: l’ago vola verso la seta, l’ago tocca la seta, l’ago lascia la seta.

Lo stato “l’ago vola verso la seta” è il livello dell’esperienza empirica, quella nella quale siamo immersi nella realtà di tutti i giorni e che si caratterizza per la convinzione che la totalità degli enti (dall’atomo, all’ago, al fiore, alla galassia, all’intero universo) abbia una propria essenza ontologica immutabile, e ciò vale anche per ognuno di noi; è lo stadio di avvio della ricerca, di avvicinamento all’arte spirituale, durante il quale si può avvertire un’indefinibile impressione che la vera realtà di se stessi e delle cose che sono presenti nel reale abbia una natura assolutamente diversa. Il ricercatore si avvicina al Maestro, ne avverte l’autorevolezza, gode della sua protezione e del suo insegnamento, si educa alla concentrazione, sperimenta che, per comprendere l’oggetto che vuol rappresentare sul tessuto, deve “diventare l’oggetto”. L’opera che l’artista esprime in questa fase può essere tecnicamente perfetta, mancando però ancora del “respiro spirituale”.

Lo stato “l’ago tocca la seta” testimonia l’avvenuta comprensione della natura illusoria della realtà così come viene percepita nello stato precedente. Il processo d’immedesimazione svela improvvisamente che non vi sono essenze ontologiche stabili e permanenti, e che quel fiore, quell’animale, quella cascata d’acqua, nel momento in cui viene “vissuto” abbandona tutte le proprie determinazioni e i limiti individuali diventando… un Assoluto, diventando l’intero universo; un grande Maestro Zen ha detto “… quando si apre quel fiore, la primavera è in tutto il mondo”. In questo stato, l’opera non potrebbe che essere uno spazio bianco in cui non è raffigurato assolutamente nulla: “La cosa più difficile nella pittura”, secondo Ike-no Taiga (1723-1776), un grande pittore giapponese del Periodo Edo.

Lo stato “l’ago lascia la seta” esprime, infine, la corretta comprensione della natura della realtà, che ritorna simultaneamente distinta e unificata; l’opera rappresenta meravigliosamente l’oggetto nelle sue determinazioni e specificità ma che, però, ha in sé l’energia cosmica onnipervadente.

Nel senso sopra detto, vi può essere, davvero, sulla punta dell’ago del Nuido, l’intero universo che, dall’abisso metafisico del Nulla, trova sulla seta una manifestazione ontologica, per poi scomparire immediatamente.

E’ una Via veramente complessa, il Nuido, perché il ricercatore deve tenere costantemente attiva, per lunghi periodi, un’alta sensibilità spirituale (diversamente da altre arti, pensiamo alla calligrafia, nelle quali la manifestazione artistica si esprime in atti rapidissimi e improvvisi); un ruolo cruciale riveste la consapevolezza che lo spazio all’interno del quale si manifesta il Nuido, è uno spazio, a suo modo, sacro, aspaziale e atemporale, il cui ordine formale è specchio dell’ordine spirituale di chi vi accede, nel quale dovrà essere posta la massima cura alla postura, alla concentrazione, all’immedesimazione nell’atto. Si potrà, così, vivere “l’emozione del ricamare”, lasciando il mondo del molteplice e accedendo al mondo dell’unità, al mondo dello Zen.

Quando l’opera è Nuido, sul tessuto rimane un’espressione di assoluta semplicità, il mistero di una manifestazione originaria ed eterna.

Il sole brilla

Il fiore sboccia

 

Note

1 il Mumonkan (La porta senza porta), pubblicato originariamente in Cina verso la fine della dinastia Sung del Sud (tredicesimo secolo d.C.), è una celebre collezione di koan utilizzata da secoli per incoraggiare la ricerca e l’addestramento dei praticanti Zen; “la porta senza porta” è un’espressione paradossale che vuol indicare che la non-porta è la porta del Dharma: passando questa “barriera non-barriera” si aprono gli occhi alla Verità dello Zen, all’Assoluto.

2 cit. in T. Izutsu, Toward a philosophy of Zen Buddhism, 1977, Imperial Iranian of Philosophy (trad. it. 1984 Astrolabio Ubaldini Roma); al testo di Izutsu si potrà far riferimento per un’approfondita disamina dell’influenza che ha avuto lo Zen sulle arti di matrice orientale (calligrafia, cerimonia del tè o dell’incenso, arti marziali, tiro con l’arco, ikebana).

 

Massimo Squilloni Shidō (masqui@alice.it) è, dal 1987, un discepolo del Maestro Zen Engaku Taino, che ha fondato (nel 1973) e dirige il Tempio Buddista Zenshinji, Scuola Linchi di Chan (http://www.zenshinji.org/).