01 Apr Canone – Il monaco malato
In questo toccante storia il Buddha cura ed assiste un monaco malato lasciato solo dai suoi confratelli e indica le regole per i monaci riguardo a chi fra di loro è malato.
Alcune volte capita di sentire affermare che il Buddha, contrariamente ai santi cristiani, non si è preso cura in modo compassionevole dei malati e dei sofferenti. Queste pagine tratte dal Vinaya, Il codice della disciplina monastica (Vinaya Mahavagga 8.26.1-8: Kucchivikara-vatthu) chiariscono in modo preciso la sua grande attenzione agli altri: un monaco, solo, abbandonato in condizioni terribili: sporco, maleodorante, malato viene soccorso e curato dal Buddha stesso che non evita la sua vicinanza anzi lo pulisce, lo porta in spalla per metterlo sul suo letto e dopo raccoglie intorno a sé la comunità dei monaci e li istruisce severamente a non abbandonare mai chi è in difficoltà e non può più lavorare per gli altri. Nessuno deve essere lasciato solo nel momento del bisogno. Ugualmente con grande sagacia il Buddha delinea le diverse personalità dei malati e di chi li cura, parole che possono offrire a ognuno molti spunti di riflessione rispetto ai nostri comportamenti nelle situazioni di malattia che ci vedono protagonisti come malati o “infermieri”.
Fonte www.canonepali.it
In quel tempo un monaco si ammalò di dissenteria. Giaceva sporco di urina e di escrementi. Allora il Beato, durante un giro di ispezione delle capanne con il Ven. Ananda come suo assistente, si recò nella capanna di quel monaco e, ivi giunto, lo vide giacere sporco di urina e di escrementi. Nel vederlo, si avvicinò e gli disse: “Qual è la tua malattia, monaco?”
“La dissenteria, O Beato.”
“Hai un assistente?”
“No, O Beato.”
“Allora perché gli altri monaci non ti assistono?”
“Non faccio niente per loro, perciò loro non fanno niente per me.”
Allora il Beato disse al Ven. Ananda: ”Va a prendere dell’acqua, Ananda. Dobbiamo lavare questo monaco.”
“Come desideri, signore.” – rispose Ananda; così portò dell’acqua. Il Beato spruzzò dell’acqua sul monaco, e il Ven. Ananda lo lavò.
Poi il Beato ,dopo aver preso il monaco dalle spalle ed il Ven. Ananda dai piedi, lo alzarono e lo posero sul giaciglio.
Quindi il Beato, a causa di questo evento, riunì i monaci in assemblea e chiese loro: “C’è fra di voi un monaco malato?”
“Sì, beato.”
“E qual è la sua malattia?”
“La dissenteria, Beato.”
“C’è qualcuno che lo assiste?”
“No, beato.”
“Perché non lo assistete?”
“Perché non fa nulla per noi, signore, così noi non facciamo nulla per lui.”
“Monaci, non avete né padre né madre, né qualcuno che si prende cura di voi. Se non vi aiutate l’un l’altro, chi vi aiuterà?
Se vi è il precettore di qualcuno, il precettore deve assisterlo fino alla morte, e durante una malattia fino a completa guarigione.
Se vi è il maestro, il maestro deve assisterlo fino alla morte, e durante una malattia fino a completa guarigione.
Se vi è il discepolo, il discepolo deve assisterlo fino alla morte, e durante una malattia fino a completa guarigione.
Se vi è un novizio, il novizio deve assisterlo fino alla morte, e durante una malattia fino a completa guarigione.
Se vi è il discepolo adepto del protettore di qualcuno, costui deve assisterlo fino alla morte, e durante una malattia fino a completa guarigione.
Se vi è il novizio adepto del maestro di qualcuno, costui deve assisterlo fino alla morte, e durante una malattia fino a completa guarigione.
Se non c’è il precettore, il maestro, il discepolo, il novizio, il discepolo adepto del precettore di qualcuno, o il novizio adepto del maestro di qualcuno, il Sangha deve assistere costui.
Se si trasgrediscono queste regole (tutti i monaci di quella comunità) compiono un’azione negativa.
“Una persona malata con queste cinque caratteristiche è difficile da assistere: non vuole curarsi; non conosce la sua cura; non assume medicine; quando sono presenti non dice i suoi sintomi a colui che lo cura, se sono peggiorati o migliorati o costanti; non sopporta sensazioni fisiche dolorose, forti, acute, dannose, repellenti, spiacevoli, mortali. Una persona con queste cinque caratteristiche è difficile da assistere.
“Una persona malata con queste cinque caratteristiche è facile da curare: si cura; conosce perfettamente la sua cura; assume le medicine; quando sono presenti, dice i suoi sintomi a colui che lo cura, se sono peggiorati o migliorati o costanti; sopporta sensazioni fisiche dolorose, forti, acute, dannose, repellenti, spiacevoli, mortali. Una persona con queste cinque caratteristiche è facile da assistere.
“Un assistente con queste cinque caratteristiche non è in grado di curare un malato: non conosce le medicine; non sa cosa è adatto o inadatto per curare il paziente; è assetato di guadagno, non possiede pensieri di gentilezza amorevole; prova disgusto nel pulire urina, escrementi, saliva o vomito; non è capace di dare insegnamenti, incoraggiare, destare ed esortare la persona malata a seguire, nei momenti opportuni, il Dhamma. Un assistente con queste cinque caratteristiche non è in grado di curare un malato.
“Un assistente con queste cinque caratteristiche è in grado di curare un malato: conosce le medicine; sa cosa è adatto o inadatto per curare il paziente; non è assetato di guadagno, possiede pensieri di gentilezza amorevole; non prova disgusto nel pulire urina, escrementi, saliva o vomito; è capace di dare insegnamenti, incoraggiare, destare ed esortare la persona malata a seguire, nei momenti opportuni, il Dhamma. Un assistente con queste cinque caratteristiche è in grado di curare un malato.
Traduzione di Enzo Alfano
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