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La chiarezza del presente

Che cosa significa oggi in occidente essere donna e buddhista,  seguire quindi una tradizione religiosa relativamente nuova per i nostri paesi quanto millenaria per l’Asia?

Partirei da alcune parole di Ayya Khema, una monaca buddhista occidentale, che molto mi hanno guidato nella mia esperienza di fede e che vorrei condividere: “ Seguendo la via della contemplazione e della meditazione riusciamo a sciogliere i nodi dei condizionamenti che ci portano ad accettare supinamente l’autorità. Coltivando il senso profondo della solitudine interiore, alimentiamo le nostre risorse di consapevolezza e comprensione. Nasce l’idea della nostra unità, la visione autentica di chi noi siamo in contrapposizione con ciò che ci è stato detto dobbiamo essere.” E’ un messaggio  che ci indica  in sintesi il cammino che oggi le donne stanno percorrendo e che la via di ricerca spirituale può sostenere:  dal dover essere all’essere.  In questo momento di difficoltà, di crisi dei valori e di ricerca di una nuova identità le  donne hanno perso le certezze legate ai ruoli tradizionali dell’ essere figlia, moglie e madre, e stanno elaborando nuovi modelli, nuova consapevolezza di sé come realtà personale e irripetibile, in un’ottica di piena integrazione con il loro essere più profondo, senza la necessità di dover tenere conto di giudizi e pregiudizi. L’integrazione tra ricerca spirituale e femminile, l’esprimere il proprio potenziale di donna risvegliata alla dimensione religiosa è un modo per abbattere una parte di quella muraglia di condizionamenti culturali e sociali contro i quali, su altri piani,  già la donna si è confrontata. Ed è il compito che oggi le donne di ogni fede si trovano di fronte.

Il lavoro che il Buddha propone su se stessi e sulla propria mente e sugli atteggiamenti mentali non ha certo sesso. L’insegnamento buddhista è un insegnamento rivolto al prezioso essere umano, di qualsiasi sesso, razza, condizione sociale  sia, ma ognuno ha la sua specificità, le proprie necessità, ognuno ha un linguaggio che lo interpella e che giunge meglio al suo cuore. Il punto centrale è il rapporto che si ha con se stessi, il lavoro sulle emozioni, sulle paure, le difese che ognuno, attraverso il gioco dei ruoli e dei condizionamenti, si costruisce per rapportarsi con il mondo. Il bisogno di approvazione, di giustificazione di fronte a ciò che si percepisce come l’autorità è una corazza per difenderci dalla paura e dal dolore, ma che ci priva della capacità di amare in modo gratuito, di aprirci e ricevere senza essere rivestiti di difese: nudi.  Attraverso la meditazione che è il cuore dell’insegnamento del Buddha si può ritrovare la capacità di rapportarsi più profondamente con se stesse, la possibilità di esprimere l’amore e la compassione in modo nuovo, non più come un cliche ripetitivo e abusato, ma come una reale freschezza di sentimento, che rende più semplice e naturale il fluire delle emozioni, senza esserne sommerse e agite, aprendosi al mondo familiare e al mondo esterno con la pienezza del proprio essere. Nella pratica meditativa stare seduti, ogni momento diventa immenso e vissuto pienamente dando qualità al tempo, una  qualità non scandita da un orologio ma scandita dal nostro esserci. “L’illuminazione è l’istante della comprensione/ Nell’istante in cui un pensiero torna alla chia­rezza/Ogni traccia è spazzata via/ Quell’istante è rinfrescante/ Rinfrescante, quieto, impareggiabile, indipendente, tranquillo, armonioso./ Nulla lo può eguagliare.” (Sheng Yen, maestro ch’an contemporaneo).

Maria Angela Falà